Ricorso ex art.  127  Cost.  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege  dall'Avvocatura
generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei  Portoghesi
n. 12, e' domiciliato per legge, il quale dichiara di voler  ricevere
le comunicazioni relative al presente giudizio al seguente  indirizzo
di posta elettronica certificata: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it 
    Contro la Regione Piemonte, in persona del Presidente in  carica,
con sede in Torino, Piazza Castello n. 165 per la declaratoria  della
illegittimita' costituzionale giusta deliberazione del Consiglio  dei
ministri assunta nella seduta del giorno 14 luglio 2016, dell'art. 1,
commi 1 e 2, della legge della Regione Piemonte 16 maggio 2016, n. 11
pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Piemonte n. 20  del
19 maggio 2016. 
    In data 19 maggio 2016, sul n. 20 del Bollettino ufficiale  della
Regione Piemonte, e' stata pubblicata la legge  regionale  16  maggio
2016, n. 11 intitolata «Modifica alla legge regionale 14 maggio 1991,
n.  21   (Norme   per   l'esercizio   delle   funzioni   in   materia
farmaceutica)». 
    La legge consta di un solo articolo composto di due commi i quali
intervengono entrambi sull'art. 10 della legge  regionale  14  maggio
1991, n. 21 recante norme per l'esercizio delle funzioni  in  materia
farmaceutica. 
    Il comma 1 sostituisce il comma 3 dell'art. 10 della legge citata
stabilendo che «nelle farmacie aperte al  pubblico  sono  impiegabili
apparecchi di autodiagnostica destinati ad effettuare le  prestazioni
analitiche di prima istanza indicate nel decreto del Ministero  della
salute 16 dicembre 2010 (Disciplina dei  limiti  e  delle  condizioni
delle prestazioni analitiche di prima istanza, rientranti nell'ambito
dell'autocontrollo ai sensi dell'art. 1, comma 2, lettera e),  e  per
le indicazioni tecniche relative ai dispositivi strumentali ai  sensi
dell'art. 1, comma 2, lettera d) del decreto legislativo n.  153  del
2009).». 
    Il comma 2, invece, aggiunge, dopo il comma 3  dell'art.  10,  un
ulteriore comma - il comma 3-bis - il  quale  stabilisce  che  «negli
esercizi commerciali individuati in base all'art. 5 del decreto-legge
4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico
e sociale, per il contenimento e  la  razionalizzazione  della  spesa
pubblica, nonche' interventi in materia di  entrate  e  di  contrasto
all'evasione fiscale), convertito con  modificazioni  dalla  legge  4
agosto 2006, n.  248,  l'impiego  di  apparecchi  di  autodiagnostica
rapida e' consentito limitatamente al rilevamento di prima istanza di
trigliceridi, glicemia e colesterolo  totale,  secondo  le  modalita'
stabilite da disposizioni della Giunta regionale». 
    Dette disposizioni eccedono  le  competenze  regionali,  invadono
quelle statali e sono percio' violative di previsioni costituzionali:
esse vengono pertanto impugnate con il presente ricorso ex  art.  127
Cost. affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale  e
ne sia pronunciato il conseguente annullamento per i seguenti. 
 
                          Motivi di diritto 
 
    1. Come s'e' detto in premessa, l'art. 1 della legge regionale in
esame,  cosi'  sostituendo  il  comma  3  dell'art.  10   della legge
regionale n. 21 del 1991, stabilisce, al comma 1, che «nelle farmacie
aperte al pubblico sono  impiegabili  apparecchi  di  autodiagnostica
destinati ad effettuare le prestazioni analitiche  di  prima  istanza
indicate nel decreto ministeriale  16  dicembre  2010  del  Ministero
della  salute  (Disciplina  dei  limiti  e  delle  condizioni   delle
prestazioni  analitiche  di  prima  istanza,  rientranti  nell'ambito
dell'autocontrollo ai sensi dell'art. 1, comma 2, lettera e),  e  per
le indicazioni tecniche relative ai dispositivi strumentali ai  sensi
dell'art. 1, comma 2, lettera d) del decreto legislativo n.  153  del
2009)». 
    La disposizione, stabilendo che nelle farmacie aperte al pubblico
sono  impiegabili  apparecchi   di   autodiagnostica   destinati   ad
effettuare le prestazioni  analitiche  di  prima  istanza,  riproduce
sostanzialmente un principio fondamentale in materia di tutela  della
salute contenuto nella normativa statale richiamata. 
    L'art. 1 del decreto legislativo 3 ottobre 2009, n. 153, il quale
ha provveduto, in attuazione  della  delega  contenuta  nell'art.  11
della legge 18 giugno 2009, n. 69, a  definire  i  «nuovi  compiti  e
funzioni assistenziali delle farmacie pubbliche e private operanti in
convenzione con  il  Servizio  sanitario  nazionale»  (comma  1),  ha
infatti gia' previsto, tra «i nuovi servizi assicurati dalle farmacie
nell'ambito   del   Servizio   sanitario   nazionale»   (comma    2),
«l'effettuazione, presso le  farmacie,  nell'ambito  dei  servizi  di
secondo livello di cui alla lettera d), di prestazioni analitiche  di
prima istanza rientranti nell'ambito dell'autocontrollo, nei limiti e
alle condizioni stabiliti con decreto di natura non regolamentare del
Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d'intesa
con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni
e le province autonome di Trento e di Bolzano, restando in ogni  caso
esclusa l'attivita' di prescrizione e diagnosi, nonche'  il  prelievo
di sangue o di plasma mediante siringhe  o  dispositivi  equivalenti»
(comma 2, lettera e). 
    Tale   disposizione,   avente   chiara   valenza   di   principio
fondamentale, ha trovato poi attuazione nel decreto  ministeriale  16
dicembre 2010 - recante «Disciplina dei  limiti  e  delle  condizioni
delle prestazioni analitiche di prima istanza, rientranti nell'ambito
dell'autocontrollo ai sensi dell'art. 1, comma 2, lettera e),  e  per
le indicazioni tecniche relative ai dispositivi strumentali ai  sensi
dell'art. 1, comma 2, lettera d) del decreto legislativo n.  153  del
2009» e parimenti richiamato dalla norma regionale qui  censurata  -,
il quale ha definito e disciplinato, sempre per quanto qui interessa,
le prestazioni analitiche di prima  istanza,  rientranti  nell'ambito
dell'autocontrollo, effettuabili in farmacia. 
    La riproduzione in una  norma  di  legge  regionale  di  principi
fondamentali determinati da norme di legge statali nelle  materie  di
legislazione concorrente - e, come meglio  si  vedra'  trattando  dei
profili di incostituzionalita' del secondo comma  dell'art.  1  della
legge regionale all'esame, la disciplina  del  servizio  farmaceutico
attiene alla materia della tutela della salute - si  traduce  in  una
novazione della fonte lesiva, come  tale,  dell'art.  117,  comma  3,
Cost. 
    Come gia' piu' volte ribadito da codesta Corte (v., da ultimo, la
sentenza 9 ottobre 2015, n. 195), «a prescindere dalla conformita'  o
difformita' della legge regionale alla legge  statale,  la  novazione
della fonte con  intrusione  negli  ambiti  di  competenza  esclusiva
statale costituisce causa di illegittimita' della norma regionale (ex
plurimis, sentenze n. 35 del  2011  e  n.  26  del  2005).  La  legge
regionale che pur si limiti sostanzialmente a ripetere  il  contenuto
della  disciplina  statale  determina  la  violazione  dei  parametri
invocati, derivando la sua illegittimita' costituzionale non dal modo
in cui ha disciplinato, ma dal fatto stesso di aver disciplinato  una
materia di  competenza  legislativa  esclusiva  dello  Stato»,  nella
specie  rappresentata  dalla   determinazione,   nelle   materie   di
legislazione  concorrente,  dei  principi   fondamentali   cui   deve
attenersi l'esercizio della potesta' legislativa regionale. 
    La disposizione regionale all'esame e' dunque  costituzionalmente
illegittima per violazione,  sotto  questo  profilo,  dell'art.  117,
comma 3, Cost.. 
    2. Il comma 2 della legge regionale in questione, aggiungendo  il
comma 3-bis all'art. 10 della  stessa  legge  regionale  n.  21/1991,
stabilisce poi, come pure s'e' detto, che «negli esercizi commerciali
individuati in base all'art. 5 del decreto-legge 4  luglio  2006,  n.
223 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il
contenimento e la razionalizzazione  della  spesa  pubblica,  nonche'
interventi  in  materia  di  entrate  e  di  contrasto   all'evasione
fiscale), convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006,  n.
248, l'impiego di apparecchi di autodiagnostica rapida e'  consentito
limitatamente  al  rilevamento  di  prima  istanza  di  trigliceridi,
glicemia e colesterolo totale,  secondo  le  modalita'  stabilite  da
disposizioni della Giunta regionale». 
    Tale disposizione - il comma 2 dell'art. 1 - contrasta invece sia
con i principi fondamentali della legislazione statale in materia  di
tutela della salute, cosi' violando l'art. 117,  terzo  comma,  della
Costituzione, sia, come si vedra', con lo stesso art. 32 della  Carta
fondamentale. 
    Per meglio comprendere il senso e la portata delle censure che si
versano  esponendo  e'  dunque  d'uopo  premettere  che,  come   s'e'
accennato, l'art. 1 del decreto legislativo 3 ottobre 2009, n. 153 ha
provveduto,  in  attuazione  della  delega  contenuta  nell'art.   11
della legge 18 giugno 2009, n. 69, a  definire  i  «nuovi  compiti  e
funzioni assistenziali delle farmacie pubbliche e private operanti in
convenzione  con  il  Servizio   sanitario   nazionale»   (comma   1)
stabilendo, per quanto qui interessa: 
        «la erogazione di  servizi  di  secondo  livello  rivolti  ai
singoli assistiti, in coerenza con  le  linee  guida  ed  i  percorsi
diagnostico-terapeutici previsti  per  le  specifiche  patologie,  su
prescrizione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera
scelta, anche avvalendosi di  personale  infermieristico,  prevedendo
anche  l'inserimento  delle  farmacie  tra   i   punti   forniti   di
defibrillatori semiautomatici; (comma 2, lettera d); 
        «l'effettuazione, presso le farmacie, nell'ambito dei servizi
di secondo livello di cui alla lettera d), di prestazioni  analitiche
di  prima  istanza  rientranti  nell'ambito  dell'autocontrollo,  nei
limiti  e  alle  condizioni  stabiliti  con  decreto  di  natura  non
regolamentare del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche
sociali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra  lo
Stato, le regioni e le province autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,
restando in ogni caso esclusa l'attivita' di prescrizione e diagnosi,
nonche' il prelievo  di  sangue  o  di  plasma  mediante  siringhe  o
dispositivi equivalenti» (comma 2, lettera e). 
    In attuazione di tali disposizioni  il  decreto  ministeriale  16
dicembre 2010 - recante «Disciplina dei  limiti  e  delle  condizioni
delle prestazioni analitiche di prima istanza, rientranti nell'ambito
dell'autocontrollo ai sensi dell'art. 1, comma 2, lettera e),  e  per
le indicazioni tecniche relative ai dispositivi strumentali ai  sensi
dell'art. 1, comma 2, lettera d) del decreto legislativo n.  153  del
2009 -, ha tra l'altro previsto, sempre  per  quanto  qui  interessa,
che: 
        «ai fini del presente decreto, per prestazioni analitiche  di
prima  istanza  mediante  l'utilizzo   di   dispositivi   per   «test
autodiagnostici», devono intendersi test che in  via  ordinaria  sono
gestibili direttamente dai pazienti in finzione  di  autocontrollo  a
domicilio, ovvero in caso di condizioni di fragilita' di non completa
autosufficienza, possono essere utilizzati mediante il supporto di un
operatore sanitario, presso  le  farmacie  territoriali  pubbliche  e
private» (art. 1, comma 1, decreto ministeriale citato); 
        per le prestazioni analitiche  di  prima  istanza  rientranti
nell'ambito  dell'autocontrollo,  effettuabili  in  farmacia,   «sono
utilizzabili i dispositivi medici per test autodiagnostici  destinati
ad effettuare le seguenti prestazioni analitiche  di  prima  istanza:
test per glicemia, colesterolo e  trigliceridi»  (art.  2,  comma  1,
decreto ministeriale citato). 
    Dal complesso delle riportate  disposizioni  risulta  dunque  con
assoluta evidenza la volonta' del legislatore nazionale di stabilire,
con norme aventi valenza e  valore  di  principi  fondamentali  della
materia, una riserva a favore delle farmacie territoriali pubbliche e
private  convenzionate  con  il  Servizio  sanitario  nazionale   per
l'esecuzione delle prestazioni analitiche in parola. 
    In particolare risulta che il  legislatore  nazionale  ha  voluto
consentire l'utilizzo,  quando  necessario  con  il  supporto  di  un
operatore sanitario, di apparecchi di autodiagnostica rapida  per  il
rilevamento, tra l'altro,  della  glicemia,  del  colesterolo  e  dei
trigliceridi esclusivamente presso le farmacie pubbliche  e  private,
escludendone di conseguenza l'utilizzo  presso  strutture  diverse  -
parafarmacie o, in genere, e come nel caso,  esercizi  commerciali  -
quand'anche abilitate, in forza di altre disposizioni  di  legge  (v.
art. 5, comma 1, decreto-legge n. 223/2006), alla rivendita di talune
specialita' medicinali, quali farmaci da banco o di automedicazione o
non soggetti a  prescrizione  medica;  e  provvedendo,  poi,  con  il
decreto ministeriale 16 dicembre 2010, ad individuare i limiti  e  le
condizioni affinche' tale impiego avvenga in condizioni di  sicurezza
per gli utenti: condizioni, queste,  che  non  possono  evidentemente
essere assicurate dagli - e all'interno degli - esercizi  commerciali
ai quali la disposizione della legge regionale  impugnata  ha  inteso
estendere la possibilita' di  effettuare  le  prestazioni  analitiche
delle quali si discorre. 
    La norma regionale all'esame, prevedendo invece  che  «l'impiego»
di  apparecchi  di  autodiagnostica  rapida  per  il  rilevamento  di
trigliceridi, glicemia e colesterolo totale possa  aver  luogo  anche
negli  esercizi  commerciali  individuati  in  base  all'art.  5  del
decreto-legge n. 223/2006 - vale a dire negli esercizi  di  vicinato,
nelle medie e nelle grandi strutture di vendita di  cui  all'art.  4,
comma 1, lettera d), e) ed f) del decreto legislativo 31 marzo  1998,
n. 114 - «secondo le modalita' stabilite da disposizioni della Giunta
regionale», contrasta dunque con i principi fondamentali recati dalla
normativa statale di cui al decreto  legislativo  n.  153/2009  e  al
decreto ministeriale 16 dicembre 2010 la quale, all'evidente scopo di
garantire adeguate condizioni di sicurezza e di tutela  della  salute
per l'utente,  ha  inteso  riservare,  come  s'e'  detto,  i  servizi
sanitari afferenti  l'impiego  di  detti  dispositivi  alle  farmacie
nell'ambito del Servizio sanitario nazionale,  con  l'assistenza,  in
caso di non  completa  autosufficienza  dei  pazienti,  di  personale
sanitario  adeguatamente  formato  (v.  art.  4,  comma  4,   decreto
ministeriale citato). 
    L'incostituzionalita' - e, ancor prima, l'irrazionalita' -  della
norma che si censura risulta ancor piu' evidente ove si consideri che
l'art. 5 del decreto ministeriale citato prevede altresi', del  tutto
opportunamente, la diretta responsabilita' del farmacista titolare  o
del direttore responsabile  sia  per  la  «corretta  installazione  e
manutenzione  dei  dispositivi  utilizzato»  (comma  1)  sia,  e   di
riflesso, per la «inesattezza dei risultati analitici, qualora questa
sia  dovuta  a  carenze  nella  installazione  e  manutenzione  delle
attrezzature utilizzate» (comma 2);  e  che  l'art.  4  dello  stesso
decreto stabilisce anche che i medesimi - il farmacista titolare o il
direttore responsabile  -  provvedano  altresi'  a  definire  «in  un
apposito documento, conservato in  originale  presso  la  farmacia  e
inviato  in  copia  all'Azienda  sanitaria  locale   territorialmente
competente, i compiti e le responsabilita' degli infermieri  o  degli
operatori socio-sanitari che forniscono il supporto all'utilizzazione
delle strumentazioni necessarie per l'esecuzione delle analisi di cui
all'art. 2, nel rispetto dei rispettivi profili professionali» (comma
3), operatori che  devono  inoltre  essere  adeguatamente  formati  e
periodicamente aggiornati (comma 4). 
    Il farmacista titolare o il direttore responsabile viene  in  tal
modo costituito garante (e,  percio',  responsabile)  della  corretta
esecuzione delle prestazioni  analitiche,  anche  assistite,  erogate
all'interno della propria farmacia: e' tale responsabilita' - nonche'
gli obblighi connessi, anche di tipo informativo  (v.  l'art.  6  del
pluricitato d.m.) - si giustifica agevolmente e pienamente in ragione
della particolare qualificazione tecnica e  competenza  professionale
del farmacista. 
    L'art. 1, comma 2, della legge regionale Piemonte n. 11/2016  non
contiene invece alcuna previsione al riguardo. 
    E tale lacuna normativa non puo' certo essere  colmata  ritenendo
responsabile  il  direttore  dell'esercizio  commerciale  posto   che
questi,  com'e'  assolutamente  pacifico,  e'  del  tutto  privo   di
qualsiasi  qualificazione  tecnica  e  competenza  professionale   in
materia;  ovvero  il  farmacista  presente  all'interno  del  reparto
destinato alla vendita dei farmaci  consentiti  dal  momento  che  la
responsabilita' di questi  e'  per  legge  circoscritta  e  limitata,
appunto, alla vendita di quelle specialita'  medicinali  e  non  puo'
certamente  estendersi,  in  difetto  di  una  specifica   previsione
legislativa analoga a quella  contenuta  nella  legge  statale,  alle
prestazioni analitiche di prima istanza la cui effettuazione la legge
regionale all'esame ha  inteso  consentire  anche  all'interno  degli
esercizi commerciali. 
    La conseguenza e' dunque che nel caso di  prestazioni  analitiche
effettuate all'interno di un  esercizio  commerciale  piemontese  non
esiste una figura  professionale  che  sia  chiamata  dalla  legge  a
rispondere della cattiva esecuzione delle analisi qualora questa  sia
dovuta  a  carenze  nell'installazione  e/o  nella  manutenzione  dei
dispositivi e delle attrezzature utilizzate ovvero all'inidoneita'  o
alla mancata formazione e/o aggiornamento  del  personale  sanitario:
con grave rischio di pregiudizio, per questo riguardo,  della  salute
pubblica e con violazione, sotto questo profilo, anche  dell'art.  32
della Costituzione. 
    In realta', anche questi rilievi dimostrano come la  disposizione
censurata trascuri  il  ruolo  centrale  che  le  farmacie  rivestono
nell'ambito del Servizio sanitario nazionale quali  presidi  sanitari
di prima istanza presso i quali vengono erogati servizi e prestazioni
diverse, ma pur sempre con l'assistenza diretta del farmacista  o  di
altre figure professionali dell'area sanitaria. 
    Come affermato da codesta Corte nella sentenza 14 dicembre  2007,
n. 430 -  con  la  quale  fu  dichiarata  la.  non  fondatezza  della
questione  di  legittimita'  costituzionale  della  norma   (art.   5
decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 conv. dalla legge 4 agosto  2006,
n. 248) che (per la prima volta) consentiva la  vendita  al  pubblico
negli esercizi  commerciali  di  cui  qui  si  discute  (esercizi  di
vicinato, medie e grandi strutture di vendita) di farmaci da banco  o
di automedicazione e di tutti i farmaci o  prodotti  non  soggetti  a
prescrizione medica -, la disciplina relativa all'organizzazione  del
servizio farmaceutico - nella quale rientra certamente  anche  quella
qui in discussione (la disposizione  regionale  che  qui  si  impugna
interviene infatti sulla legge  regionale  n.  21/1991  che  contiene
norme per l'esercizio  delle  funzioni  in  materia  farmaceutica)  -
attiene alla materia della «tutela della salute»  e,  come  tale,  ai
fini del riparto delle competenze legislative stabilito dall'art. 117
Cost., va ricondotta al titolo di competenza concorrente al  riguardo
previsto, come del resto gia' avveniva sotto il regime anteriore alla
modifica del titolo V della parte II della Costituzione. 
    Come  allora  affermato  e  come  poi  ribadito   da   tutta   la
giurisprudenza costituzionale successiva (da ultimo nella sentenza 18
luglio 2014, n. 216; ma, ancor prima, dalle sentenze 31 ottobre 2013,
n. 255, 12 ottobre 2012, n. 231, 21 aprile 2011, n. 150, 13  novembre
2009, n. 295), «la  complessa  regolamentazione  pubblicistica  della
attivita' economica di rivendita dei farmaci e' - infatti:  n.d.r.  -
preordinata  al  fine  di  assicurare  e  controllare  l'accesso  dei
cittadini ai prodotti medicinali ed  in  tal  senso  a  garantire  la
tutela del fondamentale diritto alla salute, restando solo marginale,
sotto questo profilo, sia il carattere professionale  sia  l'indubbia
natura commerciale dell'attivita' del farmacista». 
    Se e' dunque indiscutibile, per risalente insegnamento di codesta
Corte, che la disciplina della vendita dei farmaci e,  adesso,  della
prestazione dei servizi  assistenziali  che  possono  essere  erogati
dalle farmacie ai  sensi  dell'art.  11  della  legge  n.  69/2009  e
dell'art. 1 del decreto legislativo n. 153/2009 attiene  alla  tutela
della  salute  e,  come  tale,  formando  oggetto   di   legislazione
concorrente,  deve  rispettare,  a  livello  regionale,  i   principi
fondamentali determinati dalle  leggi  dello  Stato,  e'  altrettanto
indiscutibile che, come s'e' detto, le  farmacie  svolgono  un  ruolo
centrale   e   per   certi   versi    insostituibile    nel    quadro
dell'organizzazione sanitaria lato sensu intesa. 
    Come evidenziato dalla gia' richiamata sentenza  n.  216/2014  di
codesta Corte -  che  ha  dichiarato  non  fondata  la  questione  di
legittimita' costituzionale sollevata con riferimento alla  norma  in
precedenza citata (art. 5 decreto-legge n. 223/2006) nella  parte  in
cui non consentiva agli esercizi  commerciali  ivi  previsti,  tra  i
quali le c.d. parafarmacie, la vendita  di  medicinali  di  fascia  C
soggetti a prescrizione medica -,  malgrado  l'estensione  a  realta'
commerciali diverse dalle farmacie  di  opportunita'  di  vendita  in
passato riservate solo a queste, e' indubbio che fra le farmacie e le
c.d. parafarmacie - e, qui si aggiunge, a piu' forte ragione, tra  le
farmacie e gli esercizi commerciali  di  cui  all'art.  4,  comma  1,
lettera  d),  e)  ed  f)  del  decreto  legislativo  n.  114/1998   -
«permangano una serie di significative differenze, tali da rendere la
scelta del legislatore - di differenziarne il trattamento:  n.d.r.  -
non censurabile in termini di ragionevolezza». 
    Dopo aver ricordato che il regio decreto 27 luglio 1934, n.  1265
(Approvazione del testo unico  delle  leggi  sanitarie),  aveva  gia'
stabilito che sul farmacista gravassero una serie di obblighi  e  che
questi obblighi si sono poi sviluppati  nel  corso  del  tempo  e  in
ragione dell'aumento delle conoscenze in materia farmacologica,  fino
ad arrivare alle previsioni  contenute  nel  decreto  legislativo  n.
153/2009 il cui art. 1, in  particolare,  ha  posto  a  carico  delle
farmacie   una   serie   di   funzioni   assistenziali   di   stretta
collaborazione col Servizio sanitario  nazionale,  codesta  Corte  ha
sottolineato  che  «le   farmacie,   infatti,   proprio   in   quanto
assoggettate ad una serie di obblighi che derivano dalle esigenze  di
tutela della salute dei cittadini, offrono necessariamente un insieme
di garanzie maggiori che rendono non illegittima la permanenza  della
riserva loro  assegnata.  Non  si  tratta  di  accogliere  l'opinione
secondo  cui  i  farmacisti  che  hanno  superato  il  concorso   per
l'assegnazione di una farmacia danno  maggiori  garanzie  rispetto  a
quelli preposti alle parafarmacie, poiche' gli uni e gli altri  hanno
il medesimo titolo di studio e sono  iscritti  a  tutti  gli  effetti
professionale. Si tratta, invece, di  prendere  atto  che  la  totale
liberalizzazione della vendita dei farmaci di  fascia  C  soggetti  a
prescrizione medica - che sono medicinali con  una  maggiore  valenza
terapeutica,  risultando  altrimenti  privo  di  senso  l'obbligo  di
prescrizione - verrebbe  affidata  ad  esercizi  commerciali  che  lo
stesso legislatore ha  voluto  assoggettare  ad  una  quantita'  meno
intensa  di  vincoli  e  adempimenti,   anche   in   relazione   alle
prescrizioni». 
    Tali  considerazioni  -  che  secondo  codesta  Corte  valgono  a
giustificare un regime differenziato anche nell'ottica  dell'art.  41
Cost. e, quindi, della liberta'  di  impresa  e  della  tutela  della
concorrenza - danno altresi' ragione del  fatto  che  il  legislatore
nazionale abbia inteso riservare  alle  farmacie  -  escludendone  di
riflesso  realta'  commerciali  diverse   -   l'effettuazione   delle
prestazioni analitiche di prima istanza delle quali si discute. 
    La competenza esclusiva rispetto  all'erogazione  di  determinati
servizi sanitari e assistenziali che la normativa statale  ha  inteso
riconoscere alle farmacie si giustifica infatti nella  considerazione
che solo queste sono nelle condizioni di  offrire  all'utente  quelle
garanzie che la  tutela  del  diritto  alla  salute  inderogabilmente
esige, condizioni che, al contrario, gli esercizi commerciali,  tanto
piu' quelli di piccole dimensioni come gli esercizi di vicinato,  non
sono oggettivamente in grado di offrire. 
    E se e' dunque ammissibile che questi, ai sensi dell'art.  5  del
citato decreto-legge n. 223/2006, possano  effettuare  «attivita'  di
vendita» al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione  e  di
tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione  medica,  deve
ritenersi invece inammissibile che gli stessi possano surrogarsi alle
farmacie - e al personale che ivi opera - nell'esecuzione di delicate
prestazioni di analisi come  quelle  riguardanti  l'accertamento  del
livello dei trigliceridi, della glicemia e del colesterolo totale. 
    L'art. 1, comma 2, della legge regionale  in  esame,  consentendo
agli esercizi commerciali di sostituirsi  alle  farmacie  -  anche  -
nell'erogazione dei servizi in parola, contrasta dunque non  soltanto
con i principi fondamentali della legislazione statale in materia  di
tutela della salute - alla quale, come detto,  e'  da  ricondurre  la
disciplina  dell'organizzazione  sanitaria  e,  in  particolare,  del
servizio farmaceutico -, violando pertanto l'art. 117,  terzo  comma,
della  Carta  fondamentale;  ma,  nella  misura  in  cui  non  tutela
adeguatamente la salute dei cittadini, lede  altresi'  il  diritto  -
individuale - e l'interesse - collettivo - che l'art.  32,  comma  1,
Cost. ha inteso garantire e proteggere.